Il tasso di disoccupazione, ovvero il rapporto tra i disoccupati e la forza lavoro, varia da un gruppo socio-demografico all'altro, secondo uno schema che sembra essere uguale nelle moderne economie sviluppate e nei diversi periodi temporali. Generalmente infatti, si riscontrano tassi di disoccupazione per giovani, donne, gruppi etnici minoritari e persone poco istruite.

Questo diverso andamento è maggiormente accentuato in Italia come nel resto dell'Europa meridionale. In particolare, si riscontra una netta differenza tra il tasso di disoccupazione giovanile e quello degli adulti quasi a confermare quella dicotomia tra chi ha un lavoro (insiders) e chi non ce l'ha (outsiders).

Il problema non è tanto o solo la differenza nel livello di disoccupazione, ma il tempo necessario per trovare un lavoro che sia regolare e che dia continuità. Infatti, poco ci dice che il tasso di disoccupazione è elevato in quanto potrebbe comunque esserci un elevato turnover tra chi esce e chi entra; il problema sta invece nella durata dell'attesa che crea disagio non solo per il giovane, che spesso entra in processi di emarginazione, ma anche, quando c'è , per la sua famiglia.

Pur in presenza di sistemi produttivi che impiegano sempre più tecnologie a risparmio di lavoro, (laboursaving), il lavoro rappresenta ancora l'elemento distintivo e insopprimibile della personalità stessa dell'individuo e della sua collocazione nella società.

I giovani che trascorrono gli anni senza trovare un regolare lavoro, quanto più passano dall'adolescenza all'età matura, tanto più subiscono un processo di emarginazione, dagli esiti diversi: esiti che al limite, sono molto gravi per la loro personalità e per la loro partecipazione sociale. Il ruolo effettivamente svolto da questi giovani non corrisponde, infatti, alle loro aspettative di persone che vivono nella comunità.

I disagi derivanti da questa distanza tra realtà e attese si fanno più rilevanti quanto più essi raggiungono un'età in cui ci si aspetta da loro una condizione personale, familiare ed autonoma, che la mancanza di un lavoro regolare invece non consente. Quanto più la ricerca di soluzioni (anche di ripiego) diviene più insistente, si prendono in esame le soluzioni che non rientrano nella regolarità o nella liceità; l'emarginazione dalla comunità può sfociare in comportamenti antisociali, o in un disagio profondo, che porta al limite a rifiutare la propria vita.


Articolo tratto dalla tesi di Alessandro Spano, Il sostegno comunitario all'esclusione sociale