Floriana Colombo, formatasi presso la facoltà di Filosofia di Urbino e la Scuola Regionale per Animatori Sociali, è presidente di A-77, cooperativa sociale di Milano, ed esperta di interventi di animazione socio-culturale soprattutto nel campo dell’educativa di strada (prevenzione di tossicodipendenze e sviluppo psicosociale di bambini, adolescenti e giovani in difficoltà).

L’esperienza che la riguarda si è svolta in Brasile, in una forma abbastanza slegata da vincoli istituzionali e più creata attraverso una rete di famiglie di Lages, a sud dello stato di S. Caterina.

La situazione sanitaria ed in generale dei servizi sociali e scolastici è disastrosa, tanto che è diffusissima la presenza di micro-bande di bambini e adolescenti che vivono sulla strada, consumano quotidianamente droga e si fronteggiano in guerriglie urbane tra pari, diventando a loro volta attori di quella stessa violenza che per primi hanno sperimentato nell’ambiente famigliare, tutt’altro che sicuro (e dal quale cercano di scappare il più presto possibile).

Un meccanismo di progressiva autosvalutazione rinforza l’assunzione delle caratteristiche negative loro attribuite da un contesto escludente, vengono così sopraffatti dalla sfiducia nelle proprie possibilità di migliorare il proprio status. Sotto la pressione della precarietà lavorativa ed economica, della violenza in famiglia e in strada, avviene il consolidamento della loro "carriera" di marginalità e devianza precocemente avviato.1

Lo sviluppo del progetto, ad opera dei volontari che lo hanno costruito partendo da questa situazione, si è concentrato in un’animazione teatrale per gruppi di bambini che, data la condizione di malnutrizione e la "anormalità" della situazione scolastica, mostravano forti ritardi nella capacità cognitiva e di concentrazione, oltre che il mancato sviluppo dei legami di relazione tra loro.
L’animazione si è configurata come un lavoro che, attraverso l’uso di pupazzi costruiti con i bambini stessi e degli esercizi di drammatizzazione e di gioco cooperativo, hanno attivato dei meccanismi di riconoscimento e negoziazione dei vissuti personali e dei sentimenti, oltre che il sorgere di una sopita capacità di immaginazione, stimolata dall’utilizzo creativo di materiali poveri (bottiglie di plastica, sacchetti…).
I giochi drammatici hanno permesso la decodificazione delle situazioni esistenziali, dando luogo a una micro-azione di teatro sociale e di cambiamento psico-sociale, ovvero come "educazione a" e "promozione di" relazioni positive con sé e con gli altri, e dunque come pratica di libertà.2

Il substrato antropologico e sociologico che sosteneva l’esperienza erano le teorie del pedagogista brasiliano Paulo Freire e la psicologia di comunità teorizzata da Kurt Lewin. Partendo quindi dalla consapevolezza che l’atteggiamento di una persona è in gran parte dovuto all’intensità e alla direzione che assume il rapporto tra se stessa e l’ambiente in cui vive, si arriva a estendere questa considerazione alle esperienze di gruppo: quando i componenti diventano consapevoli dell’interazione che sviluppano con l’ambiente, hanno la possibilità di re-inventarne le dinamiche che non funzionano, di progettare il futuro della comunità.
A sua volta questo stimola l’empowerment della comunità stessa, ovvero il controllo e la consapevolezza critica orientate verso la responsabilità politica e sociale.

Queste considerazioni teoriche si riempiono di significato se osserviamo lo sviluppo del progetto di Floriana Colombo dopo la fase di animazione teatrale: un attento monitoraggio dell’esperienza negli anni successivi, ha infatti rivelato come i bambini che avevano partecipato ai laboratori da adolescenti sono diventati a loro volta aiutanti e animatori di altri bambini e sono rimasti legati al Movimento Tchuna, che gestiva a livello locale le attività.
Il rendimento scolastico è molto migliorato per la maggior parte di loro, e l’interessante circolo virtuoso ha contagiato le loro famiglie e i quartieri degradati nei quali vivevano: alcuni si sono diplomati e, con un lavoro più sicuro e remunerativo, hanno notevolmente migliorato il proprio stile di vita e quello dell’ambiente che frequentano.


Note bibliografiche:
1 COLOMBO, Floriana, Animazione teatrale come pratica di animazione sociale. Esperienze con i bambini di strada, in BERNARDI, Claudio, DRAGONE, Monica, SCHININÁ, Guglielmo (a cura di), Teatri di guerra e azioni di pace, cit. p. 242-243.
2 Ibi, p. 245.


L'articolo è tratto dalla tesi di Vittoria Perico, Povero teatro! Problemi e potenzialità del teatro sociale nel terzo mondo